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Zeus

by Lyssa
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Zeus (Ζευς), figlio dei Titani Crono e Rea, è il sovrano degli Dei, Dio del cielo e del tuono, Dio custode della Giustizia e archetipo culturale massimo della Grecia classica. Coniuge di Era e conosciuto nel mondo romano come Giove (Iupiter), Zeus è una divinità olimpica, ossia uno dei dodici Dei dell’Olimpo.

Statua di Zeus di Smirne
Statua di Zeus con folgore, conservata al Museo del Louvre.

Introduzione

Zeus è considerato il più potente delle divinità del pantheon ellenico: fa parte del gruppo di Dei Olimpici, ossia quegli Dei che risiedono sul Monte Olimpo in Tessaglia e che dall’alto della sua cima, immersa fra le nubi e preclusa alla vista mortale, osservano la Terra.

Egli viene definito già da Omero come “padre degli uomini e degli Dei”, Zeus non è divinità creatrice, ma è divinità padre. Re e padre degli Dei, Dio dei Re e dei governanti, della legge, protettore dello Stato in quanto tale e delle varie forme di assemblee e governi, nella sua sfera rientrano anche l’ospitalità, i giuramenti e le leggi, ad egli non è imputata la creazione del cosmo, ma la sua amministrazione.

Onnipotente, Zeus non conosce limite al suo potere se non il fato delle Moire a cui, a sua volta, deve sottostare. Dio dal carattere passionale, a volte in senso positivo e protettore, a volte in senso distruttivo in stretto collegamento con la sua proverbiale irascibilità.

Viene raffigurato come una figura imponente, dal portamento legale e con capelli e barba scura, dai tratti talvolta simili a quelli di Ade ma privati degli aspetti tenebrosi riservati al Dio dell’Oltretomba. Al contrario, Zeus viene spesso raffigurato insieme alla sua folgore, una saetta stretta nella mano destra, così come accompagnato da un’aquila. Spesso può stringere anche uno scettro o, in alternativa, seduto su un trono.

Divinità fortemente celebrata, a lui erano dedicati innumerevoli culti in tutto la Grecia e in tutte le terre d’influenza greca. A quasi ogni culto è legato un epiteto, garantendo così al Dio uno stuolo di epiteti pressoché infinito.

Etimologia del nome

Nel parlare di Zeus bisogna parlare anche del suo nome. Zeus, infatti, è uno dei nomi anomali del greco antico, ossia un sostantivo che nella sua declinazione mostra variazioni.

Il nome Zeus, infatti, si declina come Zeus (ὁ Ζεύς), Dios (τοῦ Διός), Dii (τῷ Διί), Dia (τὸν Δία), Zeu (ὦ Ζεῦ). Questa declinazione particolare trova origine nella radice della parola, derivata dall’indoeuropeo *Dieus, termine che rappresenta la divinità legata alla luce, ma anche al cielo e alla pioggia.

È proprio da questa radice che deriva anche il latino “Deus”, e da lì anche l’italiano “Dio”. Anche nello stesso greco, ad ogni modo, “Dios” non era soltanto il genitivo di Zeus, ma era anche il termine che indica il cielo, così come l’aggettivo per indicare ciò che ha origine da Zeus, ma anche ciò che è “divino, celeste, illustre, eccelso, nobile, eccellente”, usato in riferimento sia agli uomini che agli Dei. È da notare, a questo proposito, che “Dios” non indica ad ogni modo le divinità in quanto tali: esse in greco sono chiamate Theos al singolare e Theoi al plurale.

Zeus e Teti, Jean Auguste Dominique Ingres, 1811, Musee Granet, Aix-en-Provence
Zeus e Teti, Jean Auguste Dominique Ingres, 1811, Musee Granet, Aix-en-Provence

Competenze

Dio del Cielo

L’area di competenza di Zeus sicuramente più celebre riguarda la sfera celeste. Egli difatti governa su tutto ciò che riguarda il cielo. Il suo dominio inizia subito dopo la Titanomachia, in seguito alla divisione dei Regni con i suoi fratelli, ottenendo quindi il Regno ritenuto più importante fra tutti. Suo è il dominio su tutto ciò che è nel cielo, difatti le saette e i tuoni, ma anche il volo degli uccelli, sono ritenuti dai greci segni divini di Zeus. È al volo degli uccelli, infatti, che si guarda quando si vuole interpretare la sua volontà.

La sfera celeste, però, riguarda anche tutto ciò che è legato alle condizioni meteorologiche. Egli è colui che invia la pioggia sulla terra e a cui sono da corrispondere la maggior parte dei fenomeni metereologici. Non un caso, come è facile immaginare, che il suo simbolo più famoso sia la folgore, quella saetta che scaglia contro i suoi nemici e che ha avuto un contributo essenziale nella Titanomachia e, di conseguenza, nella conquista del potere.

Zeus viene anche definito Akraios, aggettivo che viene attribuito agli Dei i cui templi vengono costruiti su alture, in cima a colline e montagne, e nel caso di Zeus c’è un doppio richiamo al suo ruolo di Dio celeste.

Giustizia sacra: ospitalità e giuramenti

Ospitalità e giustizia sono due concetti cari e sacri ai greci. Xenia è il termine greco dell’ospitalità inviolabile, di cui Zeus è patrono. Ad essa si riferisce l’epiteto di Zeus Xenios, ossia colui che protegge gli stranieri e che veglia sugli ospiti e sulle regole dell’ospitalità. Questa è costituita da una serie di consuetudini che, per quanto non fossero scritte, erano imprescindibili, tanto che violare le leggi dell’ospitalità è considerato uno dei crimini più atroci.

L’ospitalità prevede un mutuo rispetto fra padrone di casa e ospite, oltre che la protezione di quest’ultimo. Il padrone di casa ha l’obbligo di accogliere chiunque bussi alla sua porta cercando ospitalità, offrendo cibo e riposo, donando alla fine della visita un regalo d’addio all’ospite. Questo, dal canto suo, ha l’obbligo di mostrare riconoscenza al padrone di casa e di ricambiare l’ospitalità qualora richiesto a lui.

Zeus Horkios è invece l’epiteto che fa riferimento al suo vegliare sui giuramenti, a loro volta ritenuti inviolabili nella cultura greca. Lì dove in epoca classica era poco diffusa la scrittura, erano i giuramenti a sigillare gli accordi, tanto fra i privati quanto anche a livello pubblico o religioso. Zeus è spesso chiamato come testimone dei giuramenti.

Potere: pubblico e privato

Zeus detiene la protezione del potere pubblico e del potere privato. Non a caso viene considerato come divinità “padre”, pur essendo a conti fatti il più piccolo dei suoi fratelli, figlio di una nuova generazione di Dei destinata a scalzare quella dei Titani suoi genitori. Egli non è padre in senso strettamente letterale – o perlomeno, non solo – ma è padre nel senso più ampio del termine, nel senso autoritario di capofamiglia.

A livello pubblico egli è chiamato Agoraios e Boulaios. il primo termine ad indicare il suo proteggere coloro che si radunano nell’agorà cittadina, la piazza della polis dove i cittadini si incontrano in assemblea per svolgere elezioni, ma anche il luogo dove poter scambiare opinioni. Boulaios è invece il termine per Zeus che protegge i concili in senso più stretto, nell’accezione del potere statale cui sovrintendeva.

Ma egli rappresenta potere anche nell’ambito più privato della vita umana, lì dove il capofamiglia officia rituali a Zeus, a chiedere protezione per la sua famiglia, ma anche ricchezza e prosperità. Nonostante sia rinomata la sua infedeltà nei confronti della moglie, è proprio con Era che Zeus rappresenta il protettore delle nozze e dei riti matrimoniali. 

Mitologia

Nascita

Fonte principale della celebre nascita di Zeus è la Teogonia di Esiodo, che tratta fra le altre la vicenda dei Crònidi e della successiva Titanomachia. Insieme ad Esiodo vi è Pseudo-Apollodoro, che nel primo libro della sua Biblioteca tratta anch’egli la Titanomachia.

Il mito narra che Gea e Urano misero in guardia Rea e Crono, loro figli, rivelando una profezia secondo la quale Crono avrebbe perso il trono per mano di suo figlio. Il Titano Crono era ben poco intenzionato a farsi spodestare ma allo stesso tempo non poteva uccidere la sua progenie, poiché immortale. La soluzione adottata dal Titano fu quindi una sola: ingoiare i figli non appena messi al mondo.

L'infanzia di Zeus, Nicolas Poussin, 1638 ca, Dulwich Picture Gallery, Dulwich
L’infanzia di Zeus, Nicolas Poussin, 1638 ca, Dulwich Picture Gallery, Dulwich

Questo è quanto accade ai fratelli maggiori di Zeus: Ade, il più grande, viene ingoiato per primo, e subito dopo seguono il suo destino Era, Poseidone, Demetra ed Estia. Quando arriva il momento di Zeus, tuttavia, Rea è ormai distrutta dal dolore per la perdita dei suoi figli e decide di nascondere a Crono la nascita del figlio. Presenta al Titano un sasso al suo posto, per poi partorire Zeus a Creta, dove poi crescerà.

Rea lascia quindi Zeus nella grotta dove è nato, mettendo a sua protezione i Cureti, delle divinità minori parte del suo seguito, che coprivano il pianto del bambino con danze e il clangore delle spade. Insieme a loro vi erano due ninfe, Aix ed Elice, oltre che Amaltea, la capra che fu scelta per allattare Zeus.

Titanomachia

La battaglia fra Dei e Titani
La battaglia fra Dei e Titani, Joachim Wtewael, Art Institute of Chicago

Una volta cresciuto a sufficienza, Zeus decide quindi di agire per liberare i fratelli e, di conseguenza, spodestare il padre. Grazie alla complicità della madre Rea, Zeus riesce ad ottenere di diventare il coppiere del padre, ovviamente all’oscuro della sua identità. In questo modo, Zeus versa quindi dell’emetico nelle bevande del padre, riuscendo a fargli risputar la prole divorata.

I cinque fratelli di Zeus vennero fuori già adulti e pronti alla battaglia, e dato il destino loro riservato non possono che provar risentimento nei confronti del padre. Da quest’atto, quindi, ha inizio la Titanomachia, la guerra che vede contrapposti gli Déi, guidati da Zeus, e i Titani alleati di Crono, guidati da Atlante e senza alcuna intenzione di riconoscere il potere di Zeus, con l’eccezione di Prometeo e Stige che, pur se Titani, appoggiavano gli Déi.

La Titanomachia va avanti per dieci anni, fin quando non è una nuova profezia di Gea a cambiare la sorte della guerra. Secondo questa, Zeus avrebbe trionfato se gli Desi avessero avuto come compagni d’arme coloro che Crono stesso aveva rinchiuso nel Tartaro: i Ciclopi e gli Ecatonchiri. Zeus quindi uccide Campe, la loro guardiana, liberandoli e nutrendoli.

I Ciclopi, in segno di ringraziamento, forgiano e donano armi per gli Dei: il tridente di Poseidone, l’Elmo dell’Invisibilità ad Ade, ma specialmente le folgori di Zeus. Grazie a queste armi, infine, gli Déi sconfiggono i Titani, rinchiudendo Crono e i suoi fratelli nel Tartaro, ponendo gli Ecatonchiri a loro guardia. Solo ad Atlante spetta un ruolo diverso: suo, infatti, il compito di reggere la volta celeste sulle proprie spalle.

Divisione del Cosmo e matrimonio con Era

Una volta eliminati i Titani, è il tempo per Zeus, Poseidone ed Ade di dividersi l’universo e stabilire il nuovo ordine del Cosmo. I tre fratelli quindi optano per un sorteggio, così da dividere il Cielo, il Mare e le Ombre, lì dove invece Terra e Olimpo sono un terreno comune, dove tutti e tre hanno uguale influenza. Secondo alcuni miti, i tre fratelli scelgono di agire tramite sorteggio poiché uguali fra loro in diritto e potere, in altre versioni, invece, l’ambizione di Zeus si scontra con il diritto del primogenito di Ade.

Ad ogni modo, i tre fratelli estraggono a sorte tre tessere e a Zeus spetta quindi il Cielo. Eppure, nonostante la divisione dei poteri la triade è considerata uguale fra loro: nell’Iliade Poseidone afferma che non si sarebbe piegato al volere di Zeus perché suo pari; nei Fasti di Ovidio è lo stesso Zeus ad affermare la loro parità.

Zeus inizia il suo regno incontrastato, con Crono ormai fuori dai giochi. Meti fu la sua prima moglie, seguita poi da Temi, ma nessuna delle due ottenne mai il titolo di Regina degli Dei. Questo è attribuito solo ed unicamente ad Era, sposa di Zeus e incoronata Regina dopo la conquista del trono. La più bella fra le Dee, seconda forse solo ad Afrodite, tanto che fin da subito Zeus decide che sarebbe stata lei la sua Regina.

Era e Giove sul monte Ida (dettaglio), James Barry, 1790~99, Art Galleries, Sheffield
Era e Giove sul monte Ida (dettaglio), James Barry, 1790~99, Art Galleries, Sheffield

Era tuttavia si trova presso la corte di Oceano e Teti, dove cresce, e più Zeus la corteggia, più lei la rifiuta. Zeus non demorde e decide di trasformarsi nell’animale che successivamente avrebbe rappresentato la Dea. il cuculo. Richiama quindi una tempesta e durante la stessa seduce con l’inganno la sorella, raggiungendola. Visto il cuculo durante la tempesta, temendo per la sua incolumità Era lo raccoglie da terra, portandolo al seno per riscaldarlo. Zeus rivela quindi il proprio aspetto e solo a questo punto Era accetta infine di sposarlo. Secondo alcune versione, questo avviene poiché Era si vergogna della violenza subita, scegliendo di porvi rimedio con il matrimonio.

I due Dei indicono una grande festa per il loro matrimonio, a cui parteciparono tutti gli Dei e tutte le Dee, mentre il mondo fioriva per l’occasione. Gea creò loro, come dono, un giardino meraviglioso con mele d’oro, a guardia del quale furono poi messe le Esperidi, da cui prenderà il nome, e il Drago Ladone.

Il matrimonio fra Zeus ed Era è un matrimonio felice. Passano una luna di miele lunga trecento anni, al termine dei quali però Zeus ritorna alla sua vita poligama e infedele, causando così continui dolori alla Dea. Ma per quanto Zeus possa amare la moglie, egli ama anche la Grecia e i mortali, rivestendo in questo modo ancora una volta il ruolo di Dio Padre.

Il matrimonio di Zeus ed Era viene usato anche per spiegare i vari fenomeni atmosferici. Quando il cielo è sereno, i due Dei vivono in pace e in sintonia fra loro. Quando invece appaiono tormente, tempeste e cicloni, essi sono la rappresentazione dei violenti e feroci litigi fra i due coniugi.

Gigantomachia

Della Gigantomachia narra ancora Pseudo-Apollodoro nella sua Biblioteca, mentre non v’è riferimento nella Teogonia di Esiodo. È altamente probabile l’esistenza di un poema ad essa dedicato ma ormai perduto.

Infuriata per la sconfitta dei figli Titani, Gea insieme a Tartaro mette al mondo i Giganti – sebbene secondo alcuni miti questi siano nati dalle gocce di sangue di Urano castrato. Creature altissime e dall’aspetto mostruoso, per metà umani con capelli e barba foltissimi ma con code di serpenti come estremità inferiori.

Ventiquattro giganti in tutto, ognuno nato con lo scopo di annientare un Dio preciso. Invincibili anche per gli Dei, le divinità scoprono tuttavia che questi potevano essere uccisi soltanto con l’aiuto di un mortale. Naturalmente, è Eracle ad aiutarli nella Gigantomachia, affiancato da Dioniso nelle versioni in cui è considerato ancora in semidio.

Opposto di Zeus è Porfirione, Re dei Giganti e secondo per potere soltanto a Zeus. La Gigantomachia infuria, fino a che Alcioneo, opposto di Ade, non muore ed è ora che Porfirione decide quindi di avventarsi su Era, rapendola e strangolandola. Interviene quindi Eros, colpendo il gigante con una freccia, ma questo non fa altro che accrescere la furia di Porfirione, che tenta quindi di abusare della Dea. Visto questo, Zeus irrompe furioso. Scaglia una folgore contro il gigante, ferendolo, e lo combatte affiancato da suo figlio Eracle, che lo finisce a colpi di clava, salvando così la Regina.

Zeus e Tifone

La versione più comune del mito di Tifone narra che, terminata la Gigantomachia, Gea – ancor più infuriata – dà vita, insieme a Tartaro, a Tifone. Un mostro che Pseudo-Apollodoro definisce “di due nature, della umana e della ferina” e di cui si trova riferimento anche nella Teogonia. Egli è descritto come il più tremendo dei figli di Gea, più alto della montagna più alta, dalle innumerevoli teste, umane e di serpente, e draghi come gambe.

Tifone iniziò così ad attaccare l’Olimpo, e Antonino Liberale nelle Metamorfosi racconta che nessun Dio riesce a contrastare la sua forza. Gli Dei, intimoriti, decidono quindi di fuggire in Egitto e qui di assumere aspetto animale per sfuggirgli. Zeus stesso in un primo momento assume la forma di ariete, ma è qui che l’intervento di Atena cambia tutto.

Zeus combatte Tifone
Zeus combatte Tifone, hydria calcidese a figure nere, 550 AC, Staatliche Antikensammlungen di Monaco

Difatti, Atena sprona il padre, ricordandogli il suo ruolo di Re degli Dei e che, quindi, è compito suo affrontare Tifone. Dapprima Atena e Zeus combattono fianco a fianco, ingaggiando una lotta contro Tifone sul Monte Casio, in Egitto. Ma Atena viene messa fuori gioco rapidamente, mentre Zeus continua a colpire il mostro con le sue folgori. Non riesce, però, a scagliare il colpo decisivo, poiché Tifone non solo lo disarma, ma lo ferisce e imprigiona in Cilicia, nell’attuale Turchia.

Tutto sembra perduto, quindi, ma Ermes e Pan ritrovano il coraggio. Pan distrae il mostro con il suo flauto, dando così il tempo ad Ermes di liberare Zeus che, quindi, affronta nuovamente il mostro. Diverse battaglie infuriano, senza che nessuno dei due trovi vittoria, finché Tifone non ripiega verso la Sicilia. Zeus colpisce Tifone con una folgore e questo, in fiamme, cerca rifugio nel mare. Zeus, tuttavia, non desiste e attacca ancora, bloccando Tifone sotto il monte Etna. Lì il mostro rimane, con Efesto sulla cima del Monte a guardia, e mentre la rabbia di Tifone causa colate di lava il Dio continua a lavorare nella sua fucina, posta su quel che resta del mostro adesso prigioniero.

La Guerra di Troia

Rappresentante della Giustizia, Zeus non si schiera formalmente né dalla parte degli Achei né dalla parte dei Troiani. Eppure, il rapporto di Zeus con Troia era stretto: particolarmente caro gli era, infatti, il popolo troiano. Nonostante ciò, egli ne accettò la disfatta, senza effettivamente far nulla per favorirli realmente rispetto agli avversari. Così, mentre gli Dei si scontrano fra loro dentro e fuori il campo di battaglia, Zeus assiste principalmente come spettatore.

Il piano di Zeus e la contesa del Pomo d’Oro

Il ciclo troiano è composto da una varietà di opere e tradizioni, di cui l’Iliade è solo l’opera più nota. Ma nelle altre opere e tradizioni ritroviamo le origini della guerra e il piano originale di Zeus.

Diversi anni prima della Guerra di Troia, sia Zeus che Poseidone di innamorarono della ninfa Teti, futura madre di Achille. Sebbene però entrambi gli Dei volevano contendersi le attenzioni di Teti, a frenare i loro intenti vi fu una profezia. Questa riguardava la progenie di Teti, affermando che suo figlio sarebbe diventato più forte e potente del padre. Né Poseidone né Zeus volevano rischiare di essere rovesciati da un figlio di Teti, e allora Zeus combinò un matrimonio con il Re Peleo, da cui poi nascerà l’eroe Acheo.

Scelto lo sposo, Zeus organizza le nozze di Teti e Peleo, con un gran bacchetto per festeggiare l’evento invitando qualunque Dio tranne Eris, Dea della Discordia. Questa, adirata per non essere stata invitata al matrimonio si presenta al banchetto e lancia una mela d’oro, verosimilmente presa dal Giardino delle Esperidi, sul tavolo dove siedono Era, Atena ed Afrodite, dedicandola alla più bella.

Le tre Dee si rivolgono in prima battuta a Zeus, cercando un suo giudizio, a cui però il Dio si sottrae. Sceglie Paride, il principe di Troia, perché giudichi al posto suo. Le tre Dee, quindi, cercano di ingraziarsi il principe troiano. Atena gli offre, in cambio del riconoscimento come più bella, la vittoria sul campo di battaglia. Era, invece, gli promette di diventare Re di tutti gli uomini. Afrodite, infine, gli promette la donna più bella del mondo come sposa.

Ed è proprio Afrodite a cui Paride consegna la mela d’oro, ottenendo in cambio in sposa Elena di Sparta, figlia di Zeus e sposa di Menelao, re di Sparta. Il suo rapimento non è altro che il casus belli della guerra troiana, in cui ben presto tutti gli Dei vengono coinvolti.

Zeus nell’Iliade

Zeus è pressoché onnipresente in ogni canto dell’Iliade, ma fra le scene principali che lo riguardano ne annoveriamo in particolare due. Nella prima, dopo il duello fra Menelao e Paride, terminato con la vittoria dell’Acheo, gli Dei tengono una riunione nel palazzo di Zeus. Si propone qui di far terminare la guerra con il duello, giacché l’onore dell’Acheo è stato riscatto. Era, però, si rifiuta: non vuole che Troia perda, ella vuole che Troia venga completamente distrutta. In questa occasione, sebbene controvoglia, Zeus accetta la sorte di Troia. La città sarà distrutta, ma in cambio in futuro Zeus potrà eliminare un popolo caro ad Era.

Successivamente, Zeus proibisce agli Dei di interferire con il campo di battaglia, ma nuovamente Era decide di intervenire per spalleggiare gli Achei. Giacché i Troiani stanno avendo la meglio sul campo di battaglia, ella decide di sedurre Zeus perché possa allentare l’attenzione che rivolge al campo di battaglia, dando campo libero agli altri Dei di sostenere gli Achei.

Altri Miti

Giustizia Sacra: Tantalo, Prometeo, Sisifo,

Zeus è protagonista di tanti miti in cui punisce chi commette crimini contro gli Dei e gli uomini, di seguito ne proponiamo tre.

Tantalo
Hugues Taraval, Il banchetto di Tantalo, 1767, Chateau Bellevue
Hugues Taraval, Il banchetto di Tantalo, 1767, Chateau Bellevue

Tantalo è un Re della Frigia, la cui genealogia è ignota ma secondo alcune versioni egli è figlio di Zeus. Benvoluto dagli Dei, al punto da avere accesso ai loro banchetti, Tantalo ricambia gli Dei con una serie di azioni empie e aberranti.

In primis, tentò di rapire il coppiere Ganimede, appropriandosi così allo stesso tempo di ambrosia dal loro banchetto, distribuendola poi ai suoi sudditi. Oltre al furto in sé, quest’atto rappresentava uno dei più grandi crimini del mondo greco, ossia la violazione della Xenia (ospitalità), su cui proprio Zeus presiedeva.

Non solo: Tantalo va oltre, organizzando un banchetto a cui invita gli Dei, decidendo di sfidare la loro onniscienza. Uccide Pelope, suo figlio, e lo fa cucinare e servire agli Dei. Demetra dà un morso alla spalla di Pelope, ma gli Dei si rendono conto dell’atrocità commessa e Zeus interviene per punirlo. Lo scaraventa nel Tartaro, condannato ad avere eternamente fame e sete senza poter mai in nessuna maniera soddisfare le sue necessità. Tantalo finisce così con l’esser legato a un albero da frutto immerso in un lago, ma a ogni tentativo di abbeverarsi il lago si asciuga, mentre i rami si allontanano di colpo dalle mani di Tantalo quando prova a nutrirsi.

Prometeo

Prometeo è un Titano che ai tempi si schierò al fianco di Zeus contro alcuni suoi fratelli ribelli, guadagnandosi così insieme al fratello Epimeteo la benevolenza e la fiducia del Dio. Zeus affida a Prometeo il compito di plasmare gli uomini e, creati questi dal fango, il sentimento d’amicizia del Titano verso i mortali era tale che chiese agli Dei dei doni per gli uomini.

Ogni Dio elargisce in dono qualche buona qualità, che Epimeteo distribuisce su incarico del fratello agli uomini, seppur senza un vero e proprio criterio. Eppure, Prometeo non è soddisfatto dei doni ricevuti, ai suoi occhi troppo pochi per le creature tanto amate, ed è per questo che si arrischia a rubare uno scrigno da Atena, donando agli uomini l’intelligenza e la memoria.

Prometeo Incatenato, Gregorio Martinez, 1590, Museo de Prado, Madrid
Prometeo Incatenato, Gregorio Martinez, 1590, Museo del Prado, Madrid

Sebbene gli uomini vivano in questo tempo insieme agli Dei, Zeus è sempre meno contento della creazione di Prometeo e, in particolare, preoccupato dalla sua benevolenza. Ogni dono rende gli uomini più potenti ed è chiaro che il Dio degli Dei inizi a preoccuparsi. Per questo vieta agli uomini il fuoco, ma Prometeo si rende conto di come senza le fiamme gli uomini muoiano di freddo.

Così Prometeo rischia ancora una volta. Entra nella fucina di Efesto a Lemno e qui vi ruba dalla torcia di Elio alcuni tizzoni ardenti, che porta agli uomini in dono. Scoperto però quanto avvenuto, Zeus interviene immediatamente. Fa forgiare a Efesto delle catene magiche e con queste lega Prometeo ad un monte, dove ogni giorno un’aquila gli va visita per mangiargli il fegato che ricresce nella notte, dando vita ad un supplizio infinito.

Sisifo

Sisifo, Re di Corinto e figlio di Eolo, si trova a fronteggiare un problema di scarsità d’acqua a Corinto. Un giorno, mentre si trova nei pressi della rocca, si imbatte in Zeus e in una delle sue amanti, rapita dal Dio stesso. Ella è una ninfa di nome Egina, figlia del Dio-fiume Asopo. Sisifo incontra quindi Asopo che gli chiede informazioni su Egina. Trovandosi davanti all’opportunità per risolvere il problema della siccità, Sisifo afferma che sì, ha notizie di Egina ma che le avrebbe date in cambio di una fonte d’acqua per Corinto. Asopo accetta, facendo dono a Sisifo della fonte del Pirene, mentre il Re gli rivela quindi che Egina si trova con Zeus.

Infuriato per quel che ha rivelato ad Asopo, Zeus chiede ad Ade di inviare Thanatos presso la casa di Sisifo e rinchiuderlo nel Tartaro. Le cose non vanno, però, come previsto. Thanatos arriva da Sisifo, ma questo lo fa ubriacare, così da riuscire a incatenarlo. Imprigionato Thanatos, la morte scompare dal mondo.

Sisifo torturato nel Tartaro (Ade)
Sisifo, Tiziano, 1548/1549. Conservato al Museo del Prado di Madrid

Il primo ad accorgersene è Ares: eliminata la morte, nessuno sul campo di battaglia muore più, rendendo di fatto le battaglie e la guerra – e il Dio stesso – prive del loro scopo. Ares trova quindi Thanatos e, una volta liberato, arresta Sisifo per condurlo nel Tartaro.

Qui le sue vicende incrociano quelle di Ade, giacché Sisifo riesce a scappare nuovamente alla morte, avendo dato istruzioni a sua moglie di non seppellire il corpo e non potendo così, formalmente, accedere all’Ade. Sisifo riesce così a tornare nel mondo dei vivi… almeno finché non è Ermes ad arrestarlo di nuovo, riportandolo negli Inferi dove verrà punito per l’eternità. Qui viene condannato da Zeus a spingere un macigno dalla base alla cime di un monte, ma ogni volta che arriva in prossimità della cima il masso rotola nuovamente alla base, e così per l’eternità.

La veggenza di Tiresia

L’indovino Tiresia è presente in molti miti della tradizione classica e varia è anche l’origine della sua cecità. Una delle tre versioni riportate da Pseudo-Apollodoro riguarda proprio Zeus. Egli racconta che Tiresia si trova nei pressi del monte Cillene, in Grecia, e qui vede due serpenti che si accoppiano. Tiresia quindi uccide la femmina, e immediatamente viene trasformato in una donna. Per sette anni vive come donna, fin quando non si trova di nuovo davanti a due serpenti che si accoppiano. Questa volta uccide il maschio ed immediatamente torna ad essere un uomo.

Successivamente, Zeus ed Era interpellano Tiresia. I due coniugi, difatti, stanno litigando per stabilire se durante i rapporti amorosi provi più piacere l’uomo o la donna: Zeus sostiene la donna, Era l’uomo. Tiresia, essendo stato sia uomo che donna, viene chiamato a dirimere il dubbio e proclama che a provare più piacere è la donna. Era, infuriata per la sconfitta e perché Tiresia ha rivelato il suo segreto, lo accieca. Nemmeno Zeus ha il potere di annullare una maledizione inflitta da un altro Dio, ma cerca comunque di compensare l’uomo donandogli una lunghissima vita e il dono della veggenza.

Amori e progenie

Incarnando il ruolo di divinità padre, Zeus vanta una schiera di amanti divine e mortali piuttosto estesa. Elencare puntualmente ogni suo amore e ogni suo figlio è forse impossibile, ma di seguito elenchiamo i tre matrimoni e alcuni fra i più famosi figli di Zeus.

Semele e Zeus
Semele e Zeus, Nicolas Bertin

La prima moglie: Meti e Atena

Prima moglie di Zeus è l’Oceanina Meti, figlia di Oceano e Teti. Il suo nome in greco, Μῆτις (Metis), si traduce come “saggezza” e “consiglio”, qualità a cui l’Oceanina fa riferimento. Ella lo aiuta contro Crono, ma sul matrimonio pende una profezia di Gea e Urano. I due, infatti, avvertono Zeus che la progenie di Meti sarebbe stata più potente del padre, chiunque egli fosse, incluso lo stesso Zeus.

Non volendo rischiare lo stesso destino del padre Crono e del nonno Urano, Zeus prende provvedimenti e decide di ingoiare Meti. Questa, però, era già incinta di Atena. La gestazione

Non volendo rischiare lo stesso destino del padre Crono e del nonno Urano, venendo quindi deposto da un suo figlio, Zeus decide di seguire il consiglio e ingoiare Meti. Questa, però, era già incinta di Atena. La gestazione continua anche una volta assorbita la Dea, che nel corso della gravidanza fabbricava l’armatura per la figlia. Proprio il rimbombo dei suoi attrezzi causa a Zeus un dolore atroce alla testa, tanto da spingerlo a rivolgersi ad Efesto. Quest’ultimo apre il cranio di Zeus con la propria ascia ed è ora che Atena viene al mondo, per partenogenesi, già adulta e con indosso l’armatura creata dalla madre.

La seconda moglie: Temi, le Ore e le Moire

Seconda moglie di Zeus è Temi, Titanide figlia di Urano e Gea. Ella è la personificazione dell’ordine e della giustizia, colei che in Omero convoca, su ordine di Zeus, le assemblee degli Dei. Da questa unione nacquero due gruppi di divinità: le Ore e le Moire (talvolta anche sorelle delle ninfe Temeidi).

Le Ore sono divinità delle stagioni e della natura, rappresentano lo scorrere delle stagioni e il moto delle costellazioni, tramite il quale veniva calcolato. Guardiani dell’Olimpo, sono un trio dal duplice aspetto: oltre al ciclo delle stagioni, presiedono sulle leggi mortali, assicurandosi che vengano rispettate. I loro nomi sono Eunomia (la Legge), Diche (la Giustizia) e Irene (la Pace). Loro sorelle sono le Moire, personificazione del Fato ineluttabile. Loro compito è assegnare ad ogni persona alla nascita il proprio destino, tessendo il filo del Fato e scrivendo azioni e conseguenze di ognuno. Esse sono Cloto, che tesse il filo, Lachesi, che gira il fuso e stabilisce la durata della vita di ognuno, e Atropo che con le sue forbici recide i fili e pone fine alla vita.

La terza moglie: la Regina Era

Diversi sono i figli nati da Zeus ed Era. In primis vi era Ares, Dio della Guerra e divinità Olimpica. Talvolta in alcuni miti egli è gemello di Eris, Dea della Discordia e spietata portatrice di conflitti e guerre. Ares è forse il figlio meno amato di Zeus, che nell’Iliade non manca di fargli sapere quanto in realtà lo disprezzi. Loro sorelle sono Ilizia ed Ebe, la prima divinità del parto e della fertilità, la seconda Dea della Gioventù e coppiera degli Dei fino all’arrivo di Ganimede.

Altri amori, altri figli

Degli Dei dell’Olimpo, quattro sono stati generati da Zeus con tre diverse amanti. Da Latona, figlia dei Titani Ceo e Febe, Zeus ha Apollo e Artemide, non senza un parto difficile. Il Dio, infatti, seduce Latona e trasforma entrambi in quaglie così da sfuggire all’occhio vigile di Era, ma quest’ultima scopre ugualmente il tradimento. Acciecata dalla rabbia, Era maledice Latona affinché ella non possa mai partorire su nessuna terra su cui brilla il sole. Sebbene la maledizione sembrasse impossibile da aggirare, Latona riesce a trovare l’isola di Delo, nella mitologia chiamata isola galleggiante e per questo non toccata dal sole. Qui, Latona prime mette al mondo Artemide e poi il suo gemello Apollo.

Dalla Pleiade Maia, figlia di Atlante e Pleione, ha invece Ermes. Quella di Maia e Zeus è una storia d’amore meno travagliata, consumata in una grotta del Monte Cilene e lontano dalla furia di Era. Non la stessa fortuna ha Semele, madre di Dioniso. Ella è figlia di Armonia e Cadmo, principessa di Tebe. Scoperta l’infedeltà del marito, Era prende l’aspetto della nutrice di Semele, ingannandola. Convince difatti la principessa di chiedere a Zeus di apparirle non come mortale, ma con la sua forma divina. Sebbene Zeus cerchi di dissuadere Semele da questo desiderio, finisce con l’accontentarla. Semele, quindi, viene colpita da una folgore di Zeus, morendo. Il Dio riesce tuttavia a salvare il figlio non ancora nato e con l’aiuto di Ermes lo cuce dentro la propria coscia, per poi partorirlo tre mesi dopo, a gestazione ultimata.

Altra Dea figlia di Zeus è Persefone, avuta con la sorella Demetra. Dall’Oceanina Eurinome, figlia di Oceano e Teti, ha invece le Cariti, più famose con il nome romano di Grazie, tre fanciulle legate al culto della vegetazione e della fertilità, tanto umana quanto vegetale. In realtà il loro numero, così come i loro nomi, varia, ma una delle Cariti sarà poi seconda moglie di Efesto. Secondo un’altra versione, tuttavia, le Cariti sono figlie di Dioniso e Afrodite.

Altro gruppo di divinità figlie di Zeus è quello delle Muse, rappresentazione delle Arti e figlie di Mnemosine, la Memoria. Fra i figli mortali di Zeus, invece, il più celebre è indubbiamente Eracle. Il semidio nasce a Tebe, da Alcmena, figlia di Elettrione. Di ella si invaghisce suo cugino Anfitrione, tuttavia il prezzo che Elettrione mette per il matrimonio è la sconfitta, per mano del nipote, del popolo dei Tafi. Anfitrione accetta, ma durante una battaglia per errore uccise Elettrione. Sposata Alcmena, tuttavia Anfitrione riprese la sua guerra contro i Tafi, ed è durante questa assenza che Zeus, prese le sembianze del marito, seduce la donna.

Alcmena mette al mondo due gemelli, Ificle figlio di Anfitrione, e Eracle, figlio di Zeus. Tuttavia, dietro la nascita dei gemelli c’è la mano di Era, che gelosa rallenta la gravidanza di Alcmena: la ritarda, infatti, per favorire la nascita di Euristeo, figlio di Stenelo e Nicippe – zii di Alcmena. Egli nasce prima di Eracle, ottenendo così la primogenitura della stirpe, ma Eracle ben presto diventa un’ossessione per Era, al punto da tormentarlo per gran parte della sua vita, almeno finché matrigna e figliastro non si ricongiungono quando Eracle ascende all’Olimpo e sposa infine Ebe.

Egina attende l'arrivo di Zeus, Ferdinand Bol, 17° secolo, Meininger Museen, Germania
Egina attende l’arrivo di Zeus, Ferdinand Bol, 17° secolo, Meininger Museen, Germania

Altro eroe figlio di Zeus è Perseo, figlio di Danae, principessa di Argo e figlia di Acrisio e di Euridice, sovrani della città. Fin da giovanissima, Danae ha pagato caro il prezzo di una profezia. L’Oracolo di Delfi, difatti, aveva predetto ad Acrisio che da Danae sarebbe nato un nipote che avrebbe segnato la sua fine. Acrisio fa così imprigionare la giovane Danae all’interno di una stanza sotterranea con le porte di bronzo, invalicabile per chiunque e con la sola compagnia di una ancella. Tuttavia, Zeus si accorge ben presto della mortale. Innamoratosi di lei, si trasforma in pioggia del color dell’oro per raggiungere la fanciulla, giacendo con lei. Da quell’unione, quindi, nasce Perseo.

Una volta nato il bambino, tuttavia, Acrisio crede ben poco alle origini divine dello stesso, accusando Danae di mentire e incolpando il suo altro figlio, Preto, di aver sedotto la sorella. Acrisio non ha però il coraggio di uccidere di suo pugno Danae e Perseo. Decide quindi di lasciare figlia e nipote in mano al fato. Li fa chiudere in un’arca di legno che libera poi nel mare, in balia delle onde. Ma Zeus ha altri piani. Guida l’arca, che giunse sana sull’isola di Serifo, dove il pescatore Ditti li porta a riva. Proprio a Serifo Perseo cresce, diventando il celebre eroe greco.

Per sedurre la regina di Sparta Leda, Zeus si trasforma in un cigno e la aspetta sulle rive dell’Eurota, fiume che attraversa Sparta, e qui si accoppia con lei. Leda depone quindi un uovo, da cui fuoriescono due coppie di gemelli: Elena e Clitemnestra e Castore e Polluce. Del mito esistono però tante varianti, da una che vede solo Elena e Polluce nascere dall’uovo, mentre Clitemestra e Castore sono figli di Leda e del marito Tindaro, o ancora un’altra che vede solo Elena figlia di Zeus e gli altri tre figli di Tindaro.

Infine, anche i tre Giudici dell’Ade – Minosse, Eaco e Radamanto – , sono figli di Zeus. Eaco è figlio di Zeus ed Egina, la figlia del dio-Fiume Asopo. Da questa unione nascono infatti tutte le sofferenze di Sisifo, colpevole di aver rivelato ad Asopo la relazione fra Zeus ed Egina. Minosse e Radamanto sono invece figli, insieme a Sarpedonte, di Europa. Ella attira le attenzioni di Zeus un giorno che era sulla spiaggia, e qui il Dio prende l’aspetto di un toro bianco per avvicinarsi a lei.

Stupita dalla sua mansuetudine, Europa sale a cavallo del toro/Zeus, che quindi ha modo di rapirla. La porta via lontano, raggiungendo via mare l’isola di Creta. Qui Zeus prende il suo aspetto, ma Europa lo respinge, e quindi le fa violenza sotto forma di aquila. Dalla relazione nascono i tre figli, ma successivamente Europa diventa la prima regina di Creta sposando il re Asterio, che adotta i tre figli come suoi.

Culto e Oggetti Sacri

Il culto di Zeus era ovviamente diffusissimo non solo in tutto il territorio greco ma anche nelle varie colonie nel Mediterraneo. Templi dedicati al Dio si potevano trovare in pressoché ogni città, generalmente posti sulla sommità di una collina o di un’altura. Tuttavia, era d’uso avere un altare dedicato a Zeus nelle dimore private.

Moneta con testa di Zeus con corona d'alloro
Moneta con testa di Zeus con corona di olivo, Cabinet des Médailles, Parigi

A Zeus era dedicato anche un oracolo, quello di Dodona, che Erodoto stima come il più antico della Grecia, da datare intorno al II millennio a.C. Questo era gemello all’oracolo di Siwa, in Libia, dedicato invece ad Amon, a cui spesso Zeus viene sovrapposto.

Sacrifici erano fatti a Zeus in tutta la Grecia: quasi tutte le città e le popolazioni sacrificavano al Dio libagioni, spesso anche bruciate, ma in molte città non era uso sacrificare al Dio nulla di vivente. Tuttavia, altre popolazioni solevano fare offerte di sangue a Zeus, che generalmente consistevano in capre, tori e mucche. Sono riportati anche alcuni eventi di sacrifici umani.

Attributi

Il simbolo principe di Zeus, suo attributo per eccellenza, è la folgore che tiene spesso nella mano destra, specialmente nei contesti di battaglia. Le folgori di Zeus sono generalmente portate da Pegaso, il cavallo alato, mentre cavalli immortali guidano il suo carro. Al fulmine s’affianca lo scettro, simbolo del potere, così come l’egida, lo scudo ricoperto dalla pelle della capra Amaltea. Infine, suo attributo è il trono costantemente sorvegliato da quattro spiriti, due femminili e due maschili.

Piante e animali sacri

Principale pianta sacra a Zeus è la quercia, le cui foglie erano fonte principale dell’oracolo di Dodona. Segue quindi l’olivo, i cui rami provenienti da un bosco sacro a Zeus venivano usati come corone per celebrare i vincitori dei Giochi Olimpici. Animali sacri al Dio sono, invece, l’aquila – nelle cui sembianze rapisce il principe Ganimede – e il toro – aspetto che invece assume per rapire Europa.

Seguito e corte

Come si può facilmente immaginare, il seguito di Zeus è molto numeroso, composto da divinità maggiori e minori.

Fra questi, Iris è la sua messaggera, suo il compito non solo di trasmettere i messaggi del Dio, ma anche di recapitare gli ordini ai vari Dei. Le sue sorelle, le Arpie – creature mostruose dal volto di donna e corpo d’uccello -, erano allo stesso modo al servizio di Zeus, punendo mortali al suo comando.

Anche Ermes è parte del seguito di Zeus, svolgendo la funzione di araldo e trattando come diplomatico al suo posto, o in generale facendo le veci del padre per assicurarsi che la sua volontà venga rispettata. La sorellastra Ebe serve come coppiera, almeno fino all’arrivo nell’Olimpo del principe Ganimede. Compito di entrambi è servire ambrosia e nettare durante i banchetti divini.

Anche le due vecchie mogli di Zeus svolgono un ruolo importante. Meti risiede nel ventre di Zeus dopo averla ingoiata, ma per i greci il ventre svolgeva un ruolo importante, come centro dei pensieri. In questo modo, Meti continua a svolgere il suo ruolo di saggia consigliera, direttamente dal suo ventre. Temi, invece, siede accanto al trono di Zeus in veste di sua consigliera, seguita dalle Moire e dalle Ore. Nelle loro mani, la responsabilità dell’ordine del cosmo interno.

Infine, quattro spiriti alati presiedono al trono di Zeus, essi sono i quattro fratelli figli di Stige e Pallante: Cratos (il Potere), Zelo (l’Ardore – o la Gelosia), Bia (la Forza) e Nike (la Vittoria). Quest’ultima spesso si rimpicciolisce e accompagna ovunque Zeus, ma ha anche il compito di guidare il suo carro. Cratos e Bia, invece, spesso affiancano Zeus accompagnandolo ovunque vada, svolgendo la funzione di guardie del corpo.

Luoghi di culto

I templi e gli altari dedicati a Zeus in tutto il mondo greco sono pressoché infiniti. Fra questi, possiamo ricordare il Tempio di Zeus Olimpio ad Atene, che era uno dei tempi più importanti del mondo greco. Sempre in Grecia, ad Olimpia, vi è un tempio di Zeus che divenne poi modello dei templi di ordine dorico.

Dei luoghi di culto sacri a Zeus, il più particolare si trova nell’Epiro, ed è il Bosco di Dodona (che talvolta si ritiene dedicato anche a Rea). Questo è secondo Erodoto il più antico oracolo della Grecia, da datare attorno al II millennio a.C.

Esso si trova a Dodona e si tratta di un santuario composto da numerosi edifici che, però, ruotano attorno ad una quercia sacra a Zeus. Erodoto ci riporta due versioni sulla nascita del santuario. Il primo, raccontato da sacerdoti di Tebe in Egitto, narra che due sacerdotesse furono rapite dai Fenici e che furono portate una in Grecia e una Libia, dove fondarono i due santuari di Dodona (dedicato a Zeus) e di Siwa (dedicato ad Amon).

Tempio di Zeus Olimpio ad Atene
Tempio di Zeus Olimpio ad Atene, foto di A. Savin, WikiCommons

La seconda versione invece è raccontata dalle Pelaiades (letteralmente, “colombe”), le sacerdotesse di Dodona. La loro tradizione racconta che due colombe volarono dalla Tebe egizia, fermandosi una in Libia e arrivando l’altra a Dodona. Quest’ultima si posò su una quercia e parlò, dichiarando il luogo sacro a Zeus e sede di oracolo.

Se gli uccelli come colombe o aquile venivano tenuti in gran considerazione a Dodona, associandoli allo spirito di Zeus e alla sua volontà, l’oracolo era interpretato dapprima dai Selloi, i sacerdoti, a cui poi successivamente si unirono le Pelaiades, le sacerdotesse. Per interpretare l’oracolo, i sacerdoti ascoltavano il fruscio delle foglie della quercia sacra a Zeus, cercando nei suoni prodotti dal vento la sua voce.

Una piccola curiosità sull’Oracolo di Dodona riguarda gli Argonauti. La polena della loro nave, l’Argo, aveva delle capacità profetiche poiché intagliata da uno degli alberi del Bosco di Dodona.

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