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Artemide

by Lyssa
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Artemide (Ἄρτεμις), figlia di Zeus e Latona, è la dea della caccia e delle selve, del tiro con l’arco, della verginità e delle iniziazioni femminili. Dea vergine e gemella di Apollo, conosciuta nel mondo romano come Diana, Artemide è una divinità olimpica, ossia una dei dodici Dei dell’Olimpo.

Diana di Versailles
Diana di Versailles, copia in marmo romana di statua greca. Attualmente esposta al Museo del Louvre di Parigi.

Introduzione

Dea dai molteplici aspetti, Artemide è la Dea protettrice della caccia e delle selve, ma nelle sue competenze rientrano anche le iniziazioni femminili, o ancora è lei a presiedere al parto. Insieme ad Atena ed Estia ella è una delle tre Dee vergini del pantheon greco: mai, difatti, Artemide prenderà marito o metterà al mondo figli.

Diversamente da Atena, rappresentata come donna matura, Artemide è rappresentata come una giovinetta. Bellissima, con un gonnellino corto e stivali da caccia, suoi attributi sono l’arco e la faretra ricolma di frecce, sebbene talvolta possa essere sostituito da altre armi utili alla caccia. In alternativa indossa un chitone, il vestito greco corto tipico delle giovani, talvolta coperto da un mantello o, ancora, da una pelle di cervo.

Ad Artemide i greci guardavano sotto diversi punti di vista. Come sorella di Apollo, divinità distruttiva, colei che causa la morte improvvisa fra animali e umani, e se Apollo è colui che porta la morte improvvisa fra gli uomini, Artemide ne è la causa fra le donne. Entrambi arcieri, uccidono le loro vittime con le loro frecce d’argento e d’oro. Al pari di suo fratello causa epidemie e pur non condividendone la competenza medica, Artemide è a sua volta anche divinità curatrice in alcuni casi: è lei a curare Enea a Troia. In Arcadia invece Artemide è una divinità prettamente agreste: qui i suoi templi sono più numerosi che in tutta la Grecia e prevale invece il suo lato di cacciatrice legata alla natura. Ma a Sparta Artemide era venerata anche come Dea della Guerra, tanto da volgerle sacrifici di sangue.

E di nuovo come suo fratello, Artemide è nubile, mai sposata né divorata dall’amore. I suoi sacerdoti, tanto uomini quanto donni, dovevano rispettare un voto di castità a vita ed eventuali trasgressioni a questo voto venivano pesantemente puniti. Nei miti che la vedono protagonista numerosi sono i racconti in cui la sua ira si scatena, come nel caso di Atteone o di Callisto.

Competenze

Dea della Caccia e delle Selve

Probabilmente l’aspetto di Artemide più conosciuto ad oggi è quello di cacciatrice e protettrice tanto delle selve quanto degli animali selvatici. Il suo voto di castità trova origine proprio qui, nel suo desiderio di passare l’eternità cacciando per boschi, tanto che Artemide nella mitologia è una divinità che raramente trascorre il suo tempo nelle città, preferendo vivere sui monti.

Spesso nell’arte è circondata da animali della foresta o cani, proprio a sottolineare il suo legame con l’agresto. A lei sacre sono flora e fauna selvatica, ma sotto la sua protezione rientrano anche i laghi, le paludi, le armi e i cani da caccia, il tiro con l’arco e perfino l’arte del pescare, in qualsiasi specchio d’acqua. Ad assisterla nella caccia vi sono sempre giovani immortali e mortali, più spesso donne e ninfe, ma Artemide ha avuto anche uomini come compagni di caccia.

A lei si prega per cercare il successo in una battuta di caccia o di pesca, mentre sempre a lei sono associati, come segno della sua ira, gli animali selvatici che feriscono, o uccidono, gli uomini, o ancora qualsiasi tipo di ferita legata alla caccia. In Arcadia, infine, proprio per questo aspetto agreste la maggior parte dei suoi santuari sorgono nei pressi di fiumi o laghi.

Dal parto alle iniziazioni femminili

Ruolo condiviso con molte altre Dee, fra cui Era ed Ilizia, Artemide è tuttavia una delle divinità principali che proteggono la donna durante il parto. Per quanto possa forse apparire peculiare come a vegliare sul parto vi sia una Dea vergine, Artemide appena nata fa da levatrice per la sua stessa madre, Latona. Protettrice degli infanti, Artemide è tuttavia protettrice anche dei cuccioli animali.

Artemide è quindi pregata per cercare un parto facile e indolore, o in alternativa una morte veloce, e le donne greche trovavano conforto nel sapere Artemide vegliare su di loro in un momento così delicato come il parto. Al contrario, la mortalità infantile in ogni sua forma veniva spesso associata all’ida della Dea.

Successivamente, Artemide è protettrice delle giovani ragazze. Ad Atene era obbligatorio per le bambine servire la Dea al tempio per un anno, ma in tutta la Grecia era diffuso il culto di Artemide come protettrice delle fanciulle. Compito della Dea vegliare su di loro fino al momento del matrimonio, dispensando in cambio buona salute e una crescita sana. Alla Dea sono sacre inoltre le iniziazioni femminili, ma anche i canti e i balli propri delle fanciulle.

Divinità Lunare

Diana
Diana, Simon Vouet, 1637. Esposto ad Hampton Court, Regno Unito.

Sebbene Artemide sia molto comunemente associata alla luna e alla notte, così come la falce di luna crescente rientra fra i suoi simboli, la Dea non è sempre stata una divinità lunare, così come Apollo non è sempre stato associato al sole.

Primo Dio del sole è Helios, così come prima Dea della luna è Selene, entrambi figli dei Titani Iperione e Thea, a loro volta fratelli. Loro è il compito di far sorgere il sole o la luna trainando i rispettivi astri con i propri carri.

Tuttavia, man mano che il culto di Apollo si è sovrapposto con quello di Helios, al punto da confondersi totalmente e sincretizzarsi nella stessa divinità, lo stesso è successo ad Artemide e Selene. Così Selene ed Helios hanno lasciato il proprio culto ad un’altra coppia di fratelli e la luna è diventata così simbolo di Artemide.

La Dea, di contro, viene spesso anche confusa con Ecate, altra Dea legata alla luna. Ecate fra le sue competenze vanta la protezione degli incroci e dei viandanti notturni, di cui diventa guida, ma il suo culto si è successivamente sovrapposto con quello di Artemide, a sua volta invocata dai viandanti per cercar protezione nella notte.

Il culto lunare di Artemide si sovrappone a quello di due Dee, e da qui la luna ha quindi tre personificazioni. Quando è crescente ella è Artemide, quando è piena è Selene e quando è calante è Ecate.

Mitologia

Nascita

Della nascita dei gemelli Artemide e Apollo ci narra Esiodo nella Teogonia, che racconta di come Zeus si fosse innamorata di Latona (o Leto), figlia dei due Titani Ceo e Febe. Riuscito a sedurla, Zeus trasforma entrambi in quaglie, ma Era riesce ugualmente a scoprire il tradimento.

Acciecata dalla rabbia, la Regina degli Dei maledice Latona affinché ella non possa mai partorire su nessuna terra su cui brilla il sole. Sebbene la maledizione sembrasse impossibile da aggirare, Latona riesce a trovare l’isola di Delo, nella mitologia chiamata isola galleggiante e per questo non toccata dal sole. Secondo altre versioni l’isola di Delo non è altro che Asteria, sorella di Latona, trasformata in isola da Zeus in quanto da lei rifiutato.

Qui a Delo quindi, alle pendici del monte Cinto, Latona mette al mondo dapprima Artemide che, appena nata, la assiste in qualità di levatrice e la aiuta a mettere al mondo il gemello, Apollo, a cui la Dea è strettamente legata. Artemide e Apollo, difatti, diversamente da altri fratelli mitologici, simili nel temperamento condividono diverse qualità e competenze, o talvolta risultano l’uno complementari dell’altro, come ad esempio nel personificare l’una la Luna e l’altro il Sole.

Gigantomachia e Tifone

A narrarci della Gigantomachia è Pseudo-Apollodoro nella Biblioteca. Essa ha origine dalla furia di Gea per la sconfitta dei figli Titani per mano di Zeus, ed è così che insieme a Tartaro mette al mondo i Giganti. Essi sono creature altissime e dall’aspetto mostruoso, per metà umani con capelli e barba foltissimi ma con code di serpenti come gambe. Un’alternativa sulla loro origine li vuole nati dalle gocce di sangue di Urano castrato.

Ventiquattro giganti in tutto, ognuno nato con lo scopo di annientare un Dio preciso. Invincibili anche per gli Dei, l’unica soluzione è affrontarli con l’aiuto di un mortale. E fra tutti i mortali, fu Eracle ad affiancare gli Dei nella Gigantomachia, sebbene Dioniso venga talvolta dipinto ancora come semidio durante la lotta contro i Giganti.

Artemide è protagonista contro i due Aloadi, Oto ed Efialte. Questi, figli gemelli non di Gea e Tartaro ma di Poseidone ed Ifimedia, sfidano gli Dei impilando il Monte Olimpo, il Monte Ossa e il Monte Pelio. Secondo una profezia loro fatta non sarebbero stati vinti né da mortali né da Dei e gli Aloadi decidono di sfidare il Dio Ares in Tracia. Qui riescono a battere il Dio, rinchiudendolo in una giara di bronzo, che consegnano poi alla madre adottiva Eribea.

Oto ed Efialte successivamente insidiano Era e Artemide e sarà proprio quest’ultima a riuscire a batterli, assumendo l’aspetto di un cerbiatto e portandoli a combattersi fra loro, mentre Ermes riesce a liberare Ares dalla sua prigionia.

Terminata la Gigantomachia, ancor più infuriata Gea diede vita, insieme a Tartaro, a Tifone. Un mostro che Pseudo-Apollodoro definisce “di due nature, della umana e della ferina” e della cui storia troviamo versi anche nella Teogonia di Esiodo. Egli è descritto come il più tremendo dei figli di Gea, più alto della montagna più alta, dalle innumerevoli teste, umani e di serpente, e draghi come gambe.

Antonino Liberale nelle Metamorfosi racconta che niente riusciva a contrastare la sua forza. Gli Dei decisero, quindi, di fuggire in Egitto e qui assumere aspetto d’animale per sfuggirgli. Secondo alcune tradizioni, Artemide assume l’aspetto di un gatto, animale associato a Bastet nel pantheon egizio. Proprio a Bastet verrà poi paragonata Artemide, che troverà in lei il suo corrispettivo. Non è Artemide, tuttavia, a combattere Tifone, che viene invece sconfitto da Zeus, affiancato dalla figlia Atena.

La Guerra di Troia

Artemide è presente sulla scena della Guerra di Troia in diversi momenti. Schierata al fianco di Troia, città protetta da suo fratello Apollo e che sorgeva in una zona dove il culto di Artemide era molto sentito e diffuso, la Dea tuttavia appare poche volte in prima persona in scena.

Il sacrificio di ifigenia

Il sacrificio di Ifigenia
Il sacrificio d’Ifigenia, di Francesco Fontebasso, 1749 ca.

Quando le navi greche dirette a Troia si bloccano in Aulide, senza più un alito di vento ad animarle, Agamennone – guida della spedizione greca – si rivolge all’indovino Calcante per comprendere il motivo dell’assenza del vento. L’indovino risponde che ciò è dovuto ad un’offesa rivolta da Agamennone alla Dea Artemide, avendo egli colpito un cervo con un colpo magistrale ed essendosi successivamente vantato di essere un cacciatore migliore della Dea e soltanto sacrificare sua figlia Ifigenia l’avrebbe placata.

In principio Agamennone si oppone al sacrificio, ma i re e le truppe greche insorgono. Sostituiscono Agamennone con Palamede come capo della spedizione, e Agamennone allora si convince. Ulisse si reca quindi a Micene a prendere Ifigenia, dicendo a Clitemnestra, madre di Ifigenia, che Achille non sarebbe mai partito per Troia se non avesse avuto Ifigenia in moglie.

Soltanto una volta arrivata in Aulide Ifigenia scopre l’inganno e l’amara verità. Eppure, accetta ben presto il proprio destino, poiché il suo sacrificio sarebbe servito a placare la rabbia di Artemide e per il bene della Grecia. Quindi fiera sale sull’altare, e quando già il suo sacrificio si sta compiendo Artemide la porta via, sostituendola con una cerbiatta. Impressionata da Ifigenia, Artemide decide di salvarla, portandola in Tauride dove poi diventerà sua sacerdotessa, mentre la flotta greca finalmente può ripartire per Troia.

Enea ed Era

Artemide ricompare come protagonista in altri due episodi. Quando il greco Diomede ferisce il troiano Enea, Apollo salva quest’ultimo dal campo di battaglia, portandolo nel proprio tempio. Qui le sue ferite vengono medicate da Artemide e Latona.

Ancora, dopo la porte di Patroclo, Zeus revoca il divieto per gli Dei di combattere a Troia a sostegno dei propri favoriti. Gli Dei quindi scoppiano in una battaglia interna ed Artemide affronta Era, che la colpisce con la sua stessa faretra di frecce e la batte. Artemide batte quindi in ritirata, cercando conforto piangente dal padre.

Orione

Il gigante cacciatore Orione è un compagno di caccia di Artemide a cui la Dea è estremamente legata. Del loro mito esistono diverse versioni, senza che ve ne sia una davvero preminente.

Una prima versione vuole Artemide perdutamente innamorata di Orione, tanto da essere disposta a rinunciare al proprio voto di castità e sposarlo. Nonostante le ripetute dichiarazioni della Dea, tuttavia Orione la rifiuta affermando che per quanto ne sia onorato non può tradire sua moglie. Artemide si mette quindi il cuore in pace, fin quando non scopre che Orione sta tentando di sedurre le Pleiadi e allora, irata, s’avventa sul cacciatore, uccidendolo inviando nella sua abitazione il suo aiutante, lo scorpione.

Secondo un altro mito, invece, per quanto il loro legame sia forte non mette in discussione il voto di castità della Dea. Al contrario, Orione la insidia, tentando di violentarla. La Dea quindi reagisce, uccidendolo. In entrambi i casi, è Zeus a far di Orione l’omonima costellazione, così come lo stesso Scorpione diventa a sua volta costellazione, ma posta in un punto distante del cielo così che non possa più pungere Orione.

Una terza versione del mito, invece, narra che mentre Orione si trova a caccia con Artemide afferma di essere un cacciatore così capace da poter eliminare tutte le creature della terra. Uditolo, Gea s’infuria ed è lei, in questa versione, ad ucciderlo tramite la puntura dello scorpione.

Un’ultima versione, infine, è mossa dalla gelosia di Apollo, dove è Artemide stessa ad uccidere Orione, ingannata dal fratello. Geloso per le attenzioni che la sorella rivolge ad Artemide, Apollo la sfida a colpire con la propria freccia, al fine di dimostrare le sue capacità come arciera, un punto nero nel mare. Desiderosa di farsi valere agli occhi del fratello, Artemide quindi scocca la freccia. Questa trapassa da parte a parte la testa di Orione, ma soltanto quando le onde lo portano a riva Artemide si rende conto di cosa è successo. Distrutta dal dolore, in entrambe queste ultime versioni è lei a far di Orione una costellazione.

Atteone

Particolare della fontana di Atteone e Diana
: Particolare della fontana di Atteone e Diana, bottega campana, 1773, Reggia di Caserta.

Guardare il corpo di un Dio può avere conseguenze funeste per un mortale e Artemide non fa eccezione. Atteone, principe di Tebe, si trova nel mezzo di una battuta di caccia sul monte Citerone quando si imbatte in Artemide che, nuda, si sta facendo il bagno.

Atteone non distoglie lo sguardo, ma al contrario indugia sulla Dea, osservandola di nascosto fin quando il rumore improvviso di un ramo non lo tradisce. Artemide si accorge di lui e, indignata, gli getta contro dell’acqua. Questa al contatto con Atteone lo trasforma in un cervo.

I cinquanta cani di Atteone, quindi, scambiatolo per una preda gli si avventano contro, uccidendolo. Solo una volta inconsapevolmente ucciso il proprio padrone, i cani iniziano a vagare per la foresta alla ricerca di Atteone, lamentandosi disperati. Giunti alla caverna di Chirone, è lui a donare ai cani la pace, donando loro un’immagine del loro padrone.

Niobe

Niobe assiste alla morte dei figli
Niobe disperata assiste alla morte dei suoi figli, di Abraham Bloemaert. Olio su Tela, 1591, attualmente conservato al Statens Museum for Kunst di Copenaghen, Danimarca.

Niobe, moglie del Re di Tebe Anfione, si è a lungo vantata della sua superiorità rispetto a Latona, madre di Artemide e Apollo. Ella afferma che se Latona ha generato soltanto due figli, lei le è superiore poiché ne ha messi al mondo ben quattordici, perfettamente divisi in sette maschi e sette femmine.

Appreso i due Dei della superbia di Niobe, essi si avventano contro i suoi figli. Apollo uccide tramite le sue frecce i sette figli maschi, mentre invece Artemide uccide le sette figlie femmine, privando quindi Niobe di qualsiasi figlio.

Scoperto quanto accaduto, Anfione si suicida per il dolore, mentre Niobe scoppia in un pianto disperato, senza consolazione. Chiede pietà agli Dei, affermando di ritenere giusto il castigo inflittole, e Artemide la trasforma in una pietra, forma in cui continuerà a piangere per l’eternità.

Altri Miti

Le Amazzoni e gli Iperborei

Due popolazioni sono legate strettamente ad Artemide, di cui è considerata protettrice. La prima è quella delle Amazzoni: mitico popolo di sole donne dedite alla guerra, secondo la mitologia discendenti da Ares, ma strettamente legate ad Artemide. Una società prettamente matriarcale, governata da due regine (una di pace, per la politica interna, e una di guerra, per la politica estera) ed estremamente devota al culto di Artemide. A loro si attribuisce la costruzione del Tempio di Artemide presso la città di Efeso, che sorge sulle coste dell’attuale Turchia. Il Tempio di Artemide era considerato una delle Sette Meraviglie del mondo classico, grazie alle sue grandi dimensioni e alla ricchezza delle decorazioni e dei fregi. Del Tempio, purtroppo, ad oggi non rimane quasi nulla.

Gli Iperborei sono una popolazione mitologica che i Greci collocavano all’estremo nord del mondo conosciuto. Essi sono cari principalmente ad Apollo, che si narrasse che annualmente lasciava il Tempio di Delfi in mano a Dioniso per far visita agli Iperborei, ma la protezione di questa popolazione viene spesso attribuita anche alla gemella Artemide. Secondo la tradizione, ogni anno gli Iperborei inviavano doni in onore dei due Dei all’isola di Delo.

Ippolito e Adone

Artemide e Afrodite sono spesso in contrasto fra loro: a farne le spese sono stati Ippolito e Adone.

Ippolito è il principe di Atene, figlio di Teseo e Fedra, un giovanotto che decide di seguire il culto di Afrodite, facendo voto di castità e dedicando la sua vita alla caccia. Afrodite è oltraggiata dalla scelta di Ippolito di rinunciare all’amore e ai suoi piaceri, e allora maledice la madre Fedra. Questa viene fatta invaghire del figlio, ma quando Ippolito la rifiuta la donna sceglie di suicidarsi, lasciando al marito Teseo una lettera dove scrive che il suo suicidio è dovuto a un tentativo di Ippolito di violentarla.

Ippolito viene quindi esiliato dalla città, ma durante il suo allontanamento un toro spaventa i cavalli che trainano il suo carro. Questi si imbizzarriscono, finendo con l’uccidere il giovane Ippolito. Straziata dal dolore per la perdita del suo favorito, Artemide rivela a Teseo l’inganno di Afrodite e prega Asclepio di riportare in vita Ippolito.

Nonostante Asclepio adempi alla sua preghiera, Artemide è ancora infuriata con Afrodite. Secondo una versione del mito è difatti lei, e non Ares, ad uccidere Adone, il bel giovane conteso tanto da Afrodite quanto da Persefone, ma che era proprio l’amante della Dea dell’amore. Così Artemide decide di pareggiare i conti con Afrodite per la perdita di Ippolito uccidendo il suo diletto, Adone, facendolo uccidere da un cinghiale.

Eracle

La strada di Artemide si incrocia con quella del fratellastro Eracle durante una delle fatiche di quest’ultimo. Compito di Eracle è difatti consegnare ad Euristeo la Cerva di Cerinea. Questa è una cerva dalle corna d’oro e dalle zampe d’argento e bronzo, sacra ad Artemide e regalata alla Dea dalla ninfa Taigete.

Tuttavia Eracle, non volendo ferire o uccidere l’animale, la rincorse per un anno interno, fino finalmente a catturarla. Nonostante questo, Artemide si infuriò con lui per aver maltrattato la sua cerva, ma Eracle si difende asserendo che la colpa in realtà è di Euristeo, poiché lo ha costretto.

Chione e Callisto

Dea della Neve, Chione è l’amata tanto di Apollo quanto di Ermes. Proprio perché amata da due Dei, Chione afferma di essere superiore ad Artemide in bellezza. Una volta scoperto, Artemide l’affronta con il proprio arco, affermando che avrebbe preferito “le sue azioni”. Impugna l’arco, incocca la freccia e la scocca fino a trafiggere la lingua di Chione, uccidendola in questo modo per dissanguamento.

Altrettanto vittima della furia di Artemide è Callisto. Giovane ninfa compagna di caccia di Artemide, Callisto perde la verginità e viene meno al voto di castità quando Zeus la seduce sotto le spoglie di Artemide stessa. La Dea tuttavia si infuria con la ninfa, trasformandola in un’orsa. Il figlio nato dall’unione con Zeus, Arcade, durante una battuta di caccia sta per uccidere la madre, quando è proprio Zeus a fermare le sue azioni, trasformando Callisto e Arcade in due costellazioni: rispettivamente l’Orsa maggiore e l’Orsa minore.

Culto e Oggetti Sacri

Diana e Cupido
Diana e Cupido, Pompeo Batoni, 1761, Metropolitan Museum of Art, New York.

Il culto di Artemide è diffuso in tutta l’area greca. Qui veniva celebrata con templi ed altari presenti praticamente in ogni punto del territorio. Particolarmente forte è il culto ad Atene, dove le bambine – rigorosamente solo le femmine – sotto i dieci anni dovevano necessariamente servire per un anno presso il tempio di Artemide. Durante il periodo presso il tempio venivano chiamate arktoi, ossia “orsette”.

Tutti i suoi sacerdoti, uomini o donne che fossero, dovevano vivere una vita casta e pura, rinunciando alla vita amorosa facendo un voto di verginità che, se infranto, avrebbero avuto conseguenze importanti.

In alcuni luoghi, come Sparta, era venerata come una Dea della guerra. Qui le venivano offerti sacrifici umani prima di ogni campagna militare, così da ottenerne il favore, fin quando questi non vennero sostituiti (secondo alcune fonti da Licurgo, il principale legislatore spartano, ma non vi è certezza) da una cerimonia che prevedeva il flagellare dei giovani ragazzi sull’altare, fin quando questo non si fosse tinto del loro sangue. Tale cerimonia venne adottata anche ad Atene.

Un aspetto simile della Dea la vuole invece connessa direttamente ai sacrifici di sangue e come colei che instilla la follia negli uomini. Un esempio di questa visione ci è offerta da Sofocle nella sua tragedia “Aiace”, lì dove afferma che la follia di Aiace è causata proprio da Artemide.

Attributi

Attributi principali di Artemide sono l’arco e le frecce, insieme a una lancia da caccia, entrambe armi da lei utilizzate per la caccia. Quando non era raffigurata con l’arco, veniva usata la lancia. Altri suoi attributi sono i sette cani da caccia ricevuti come regalo da Pan, così come la lira, al pari di suo fratello Apollo, in qualità di divinità legata alla musica.

Seguono poi il carro d’oro trainato da quattro cervi dalle corna d’oro. A lei sacra è anche la Cerva di Cerinea, dalle corna d’oro e dagli zoccoli d’argento e bronzo. Infine, talvolta Artemide veniva rappresentata con una torcia in mano, più propriamente quando veniva associata alla Dea Ecate.

Piante e animali

Principale pianta sacra ad Artemide è il cipresso, sacro anche ad Apollo poiché legato alla loro nascita. Seguono i noccioli e, come fiore, l’amaranto, fiore che rappresenta l’immortalità. Altra pianta sacra ad Artemide è l’asfodelo, benché questa sia da ricollegare alla Dea principalmente quando legata al culto di Ecate.

L’animale sacro ad Artemide per eccellenza è l’orso, suo simbolo insieme ai cervi. A lei sono sacri anche i cinghiali, poiché erano considerati come la preda più ambita e pericolosa per un cacciatore. A lei erano anche dedicati i pesci d’acqua dolce, facili da trovare sull’altare della Dea come offerta, ma anche il falco e la faraona.

Seguito

Artemide vanta un numeroso seguito, fatto tanto da mortali che da immortali. Divinità a lei vicine sono Apollo, il gemello, Atena e Persefone, insieme alle quali è cresciuta, la madre Latona e le Muse, benché queste fossero attendenti di Apollo non disdegnavano di accompagnare Artemide nelle danze o nei canti. Persefone in particolare è spesso ritratta come stretta amica di Artemide prima del suo rapimento, tant’è che secondo alcuni miti pur di starle accanto nell’Ade Artemide assume l’aspetto di Ecate.

Fra i compagni di caccia mortali possiamo ricordare Orione, Ifigenia, Callisto ed Ippolito, mentre facevano parte del suo seguito venti Naiadi, sessanta Oceanine e innumerevoli ninfe di altro genere.

Luoghi di Culto

Nascita di Apollo e Artemide
Nascita di Apollo e Artemide, Marcantonio Franceschini, 1692-1709 ca. Esposto al Liechtenstein Museum di Vienna, Austria.

Fra i tanti luoghi di culto devoti ad Artemide risalta l’isola di Delo, che le ha dato i natali. L’isola è soggetta ancora oggi, sebbene praticamente del tutto disabitata, all’influsso del mito della nascita di Artemide e Apollo.

Fra il VI e IV secolo a.C., Delo fu sotto il controllo di Atene, che decretò che, in virtù del legame con Artemide e Apollo, nessuno poteva più nascere o morire a Delo, dapprima trasferendo tutte le donne prossime al parto e i morenti sulla vicina Renea, successivamente svuotarono anche le tombe trasferendone i contenuti a Renea e, infine, esiliariono la popolazione, costruendo templi ai due Dei sull’isola sacra ormai disabitata.

Successivamente Delo tornò ad essere abitata, ma ad oggi è nuovamente disabitata (nel 2001 furono censiti 14 abitanti), e l’isola è un immenso parco archeologico che dal 1990 è nei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO.

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