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Il Carnevale di Oruro, una fusione di religioni e miti

by Ecate
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Ogni anno, il Carnevale di Oruro con la sua danza della Diablada pervade la città di una grande forza creativa, mettendo in primo piano artisti e opere d’arte popolari e una straordinaria fusione di religioni e miti precolombiani diversi.

Il punto di forza di questa creatività si esprime in una serie di maschere, costumi e musiche provenienti da tutte le regioni della Bolivia.

Danzatori della Diablada al carnevale di Oruro. Fonte: Bolivia Travel Site

Migliaia di musicisti e danzatori, divisi in circa una cinquantina di gruppi, sfilano e si esibiscono per la città di Oruro durante il carnevale.

La più famosa di queste danze è la cosiddetta Diablada, una perfetta rappresentazione del sincresismo tra mitologia e tradizioni precolombiane e cristianità.

Oruro e il popolo degli Uros

Oruro è una cittadina della Bolivia. Deve il nome alla popolazione degli Uros, fra i tanti vicini di casa dei più famosi Inca.

Il popolo Uros non era bellicoso, viveva per lo più di caccia ai volatili e talvolta aiutava nell’agricoltura i popoli vicini. In origine, gli Uros avevano una propria lingua, il piquina.

Abitavano un’area che oggi si colloca tra la Bolivia e il Perù: il loro stanziamento originario sulle sponde del lago Uru Uru.

Qui, gli Uros avevano creato un sistema ingegnoso di isole artificiali, in grado di essere spostate al centro del lago in caso fosse necessario difendersi dagli attacchi delle popolazioni limitrofe.

L’area in cui gli Uros vivevano era considerata sacra dalle popolazioni preispaniche.

I pellegrini vi giungevano per scalare quella che era nota come la “Sacra Montagna degli Uru”, cosi da pregare diverse divinità curatrici o protettive.

L’espansione Inca avrebbe in seguito coinvolto anche la popolazione degli Uros, contaminando la sacralità di questi luoghi con le proprie divinità.

Gli Uros e la colonizzazione europea.

Con l’arrivo degli Europei e la conseguente sottomissione delle civiltà precolombiane, vennero imposti agli Uros come a tutte le popolazioni limitrofe tributi da pagare.

Tuttavia, una popolazione cosi povera, che già prima viveva di sussistenza, non era in grado di onorare gli altri tributi richiesti dai conquistatori.

Danzatori della Diablada al carnevale di Oruro. Fonte: Bolivia Travel Site

Gli Uros vennero di conseguenza costretti a lavorare prima nei campi e in seguito nelle miniere, in condizioni di stenti.

Gli Uros non si sottomisero tuttavia con facilità al conquistatore straniero: particolarmente note sono alcune ribellioni del tardo 1600, che portarono a una violenta repressione.

Utilizzare costumi, lingua e usi tipici dell’etnia Uros era motivo di persecuzione e cosi gli Uros persero poco a poco la propria identità.

Attualmente non esistono più Uros “puri”, ma la loro etnia si è mescolata e compenetrata con altre limitrofe: di questi Uros esiste comunità ancora oggi.

Per proteggere retaggio e tradizioni, i costumi e le divinità di questo popolo si compenetrarono quindi con i santi e le usanze cristiane fino a fondersi con essi.

Qui, come è uso anche per molti altri popoli precolombiani, sono tutt’oggi in parte ancora vivi in eventi di folklore e festività locali.

La danza della Diablada nel carnevale di Oruro

La Diablada è la danza più famosa del Carnevale di Oruro ed è una danza in costume atta a simboleggiare la lotta del Bene contro il Male e il conseguente equilibrio fra queste due forze.

Nata con scopo evangelizzatore durante le celebrazioni alla Vergine del Socavon, la ballata della Diablada si inseriva al tempo in precedenti rituali pagani.

Ancora oggi mostra come le tradizioni delle divinità precolombiane si siano mescolate con quelle cristiane per sopravvivere all’avvento dei colonizzatori.

Durante la danza, gli Angeli e i Demoni si affrontano: i primi, vestiti di bianco e argento e spesso interpretati da donne, combattono a colpi di spada, mentre i secondi, più spesso interpretati da uomini, a colpi di piede.

La battaglia fra le due parti si eclissa con l’apparire dell’Arcangelo Michele, che comincia a lottare contro il Diavolo fino alla vittoria finale.

Maschere per la Diablada donate al museo Quai Branly di Parigi. Foto propria.

Questi due personaggi hanno, ovviamente, i costumi più ricchi, decorati e… pesanti! I costumi dei diavoli, più decorati e corredati da maschere in legno, possono infatti pesare fino ai 30 kg!

La difficoltà apportata dal peso del costume è vista come un fattore di sfida per i differenti gruppi di ballerini e ciascuno cerca di fare una Diablada con coreografie più complesse degli altri, elaborando i costumi più impressionanti.

I miti precolombiani e il diavolo nella Diablada del carnevale di Oruro

Il Lucifero della Diablada è assimilabile a Supay, divinità Inca e Aymara dei morti e del loro mondo sotterraneo.

La responsabilità di questa fusione è proprio dei colonizzatori che, volendo colonizzare le popolazioni indigene, presero a utilizzare il nome Supay per indicare il Diavolo cristiano!

Supay, proprio come l’Ade greco, non è tuttavia solo un dio dei Morti ma anche di tutto ciò che è sottosuolo: potendo quindi fare dono all’umanità dei minerali e di un suolo fecondo per il ciclo agricolo, non era ripudiato ma temuto, rispettato e celebrato al pari di tutti gli altri Dei.

Diavoli della Diablada del carnevale di Oruro

A Oruro, Satana è conosciuto anche con il nome di Naupa Diablo, che significa “il vecchio diavolo”.

Il suo costume nella Diablada è ornato di serpenti e lucertole, a indicare il mondo sotterraneo, e con il condor che simboleggia il controllo sulle forze della natura.

Nelle zone minerarie come Oruro, il diavolo è associato anche con lo Tio de la Mina, variante locale di Supay.

Signore dei minerali che può essere crudele e mortifero verso i minatori, ma anche generoso e condiscendente donando loro i suoi preziosi tesori delle rocce.

Fantoccio raffigurante El Tío nella miniera di Potosí nel 1993.

In territorio Aymara, la figura di Satana è associata agli spiriti delle montagne e agli Achachilas, gli spiriti ancestrali che proteggono le comunità.

Questo modo particolare e cosi diverso da quello europeo di rapportarsi con la figura del diavolo, persiste ancora oggi in tradizioni come la Diablada ed è un perfetto esempio del sincretismo sudamericano che si è formato, nel tempo, fra tradizioni precolombiane e cattolicesimo.

Un evento protetto, eredità dell’umanità

Il carnevale di Oruro è stato dichiarato nel 2001 “Patrimonio orale e immateriale dell’umanità“, una lista dell’UNESCO che si promette appunto di proteggere le maestrie della tradizione orale in quanto eredità dell’umanità.

Per darti un’idea più chiara, la stessa lista include per l’Italia tradizioni come: l’Opera dei Pupi siciliana e il canto a tenore sardo, l’alpinismo, la falcoleria, la scuola di liuteria cremonese, la tradizionale maniera di cucinare la pizza a napoli o di cacciare e trattare i tartufi.

Il carnevale di Oruro ha bisogno di questa protezione: il declino delle miniere e della tradizione agricola minaccia la città, tanto quanto la desertificazione di quell’area delle Ande, che sta causando un’emigrazione massiccia.

La perdita delle tradizioni orali tanto quanto il massiccio sfruttamento commerciale di questo evento rischiano quindi di contaminare questa tradizione, se non verrà propriamente preservata!

Ecco, per concludere, un bel video (in spagnolo), della Diablada del Carnevale di Oruro 2020!

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