Il corvo è un animale ampiamente rappresentato nella mitologia greco-romana: hai potuto leggere qui come esso fosse associato alla dea Atena.
Un altro mito greco associa il corvo al Dio del Sole, attribuendogli talvolta persino poteri profetici. Al servizio del Dio Sole, il corvo non avrebbe comunque avuto miglior fortuna che sotto Atena. Continuando a leggere, scoprirai anche come la sua golosità contribuì alla creazione di ben tre diverse costellazioni.
Apollo e Coronide
Mentre la cornacchia era ancora il volatile preferito dalla dea Atena, un altro corvo dedicava i suoi servigi ad Apollo, che lo inviava talvolta a guidare i mortali a lui fedeli o a sorvegliarli.
Fra i molti infelici amori di Apollo ci fu anche Coronide, una principessa della Tessaglia con cui il Dio intrattenne una relazione. Dovendo recarsi a Delfi, il Dio lasciò il suo fedele corvo a vegliare sulla sua amante.
Il Corvo era allora un uccello dallo splendido piumaggio bianco, candido come la neve, e di queste belle piume esso andava molto fiero.
Purtroppo, mentre Apollo era assente Coronide conobbe Ischi e se ne innamorò. Scoprendoli, il corvo si involò per riferire tutto al suo signore. Durante il viaggio, incontrò la cornacchia, che lo mise in guardia raccontandogli la sua storia: riferire brutte notizie agli Dei poteva essere un compito ingrato!
Guarda me che cos’ero e che cosa sono ora e chiediti la ragione: scoprirai che a rovinarmi è stata la fedeltà. Infatti una volta Atena rinchiuse Erictonio, fanciullo creato senza madre, in una cesta fatta di vimini dell’Attica, che affidò alle tre vergini nate dal mostruoso Cècrope con l’ordine di non guardare il misterioso contenuto. Nascosta da una tremula frasca, da un folto olmo io spiavo cosa facevano. Due, Pàndroso ed Erse, custodiscono la cesta senza violare l’ordine, ma la terza, Aglauro, dice alle sorelle che sono delle paurose, e disfa i nodi. E dentro ti vedono un bimbo con accanto disteso un serpente! Riferisco l’accaduto a Minerva, e che cosa ottengo in compenso? Di essere degradata, di perdere il favore della dea e di essere posposta alla notturna civetta!
Ovidio, le Metamorfosi, libro II
Ambasciator non porta pena, o almeno così dicono…
La cornacchia ci aveva visto giusto: quando il corvo riferì ad Apollo quanto accaduto, questi venne accecato dall’ira e afferrato l’arco uccise Ischi con una delle sue letali frecce argentee.
Per il torto fatto al fratello, la Dea Artemide fece lo stesso con Coronide, trafiggendola con una freccia. Secondo altre versioni del mito, fu Apollo stesso a uccidere anche la sua amante.
Con un tempismo degno di una tragedia, la principessa morente rivelò ad Apollo di essere incinta di suo figlio.
Disperato, Apollo tentò con ogni arte medica di riportarla in vita, ma ormai il danno era fatto. Prima di porla sulla pira, il Dio chiese al fratello Ermes di prendere il bambino dal suo ventre e di consegnarlo al centauro Chirone, perché lo crescesse.
Salvato il piccolo, che sarebbe un giorno diventato il Dio della medicina Asclepio, Apollo si volse verso il Corvo e lo punì per aver causato con i suoi rapporti la morte dell’amata, rendendo nere le sue candide piume.
Il Corvo, la Coppa e il Serpente
Apollo si rivelò un po’ più magnanimo di Atena e diede al corvo una seconda possibilità: lo mandò a riempire una coppa di purissima acqua sorgiva, che intendeva donare a suo padre Zeus.
Durante il viaggio, tuttavia, il corvo notò un grosso albero di fichi zuccherini e ingolosito si attardò per fare una bella scorpacciata. Dovendo giustificare il suo ritardo, prese un serpente d’acqua fra le zampe e lo portò ad Apollo, incolpandolo di averlo ostacolato.
Dire una bugia al Dio degli oracoli, tuttavia, si rivelò essere una pessima idea: Apollo sapeva benissimo che l’animale stava mentendo! Questo anche perché, non vedendo arrivare il suo famiglio, aveva deciso di recarsi personalmente alla fonte non trovandovi serpenti né, tantomeno, il corvo che vi aveva inviato.
Se Apollo aveva potuto perdonare il corvo di avergli portato cattive nuove, non si rivelò altrettanto bendisposto verso le sue menzogne.
Irato, il dio scagliò corvo, coppa e serpente fra le stelle, dove avrebbero ricordato per sempre ai mortali le conseguenze del mentire agli Dei: sono le costellazioni del corvo, dell’idra e della coppa (o cratere).
Da allora, il corvo cerca di dissetarsi senza successo, non potendo in alcun modo muoversi e arrivare all’acqua nella coppa: per questa ragione, i suoi corrispettivi sulla terra hanno una voce tanto gracchiante.
La costellazione del Corvo
Nonostante sia piuttosto piccola, la costellazione del corvo è piuttosto facile da individuare perché contiene stelle luminose che risaltano nella porzione di cielo in cui si colloca: ha la forma a trapezio di una vela quadra.
La costellazione si trova poco lontano da quella della Vergine e rende più semplice individuare anche la meno luminosa costellazione del Cratere e la lunghissima Idra. Trovandosi nell’emisfero australe, il periodo migliore per osservarle è in primavera.
Come spesso accade per le costellazioni greche, anche ai Babilonesi la costellazione del Corvo era nota: per loro “l’uccello della tempesta”.
Fedeli al mito greco, i Romani preferivano invece chiamare la costellazione del Corvo “uccello dei fichi”, o “uccello sacro ad Apollo”.
Tutt’altro che un uccellaccio del malaugurio: il corvo per i romani.
Anche per gli antichi Romani, i corvi erano considerati latori di auspici profetici. Se di altri volatili si osservava il volo, per corvi, cornacchie e gufi era piuttosto il canto ad essere interpretato: se ne analizzava la frequenza, ma anche il tono e la direzione verso cui era indirizzato.
Lo storico Tito Livio, nella sua storia di Roma, narra anche di un episodio in cui un corvo aiutò un giovane guerriero a vincere un difficile duello.
Marco Valerio era un giovane tribuno romano che nel 349 a.C. era impegnato nella guerra contro i Galli. Si narra che dalle schiere dei galli si fece avanti un uomo gigantesco, che battendo l’asta con lo scudo provocò i romani a combatterlo. Quando Marco Valerio si fece avanti, un corvo si posò sul suo elmo e puntò lo sguardo al nemico.
Un gallo si avanzò dalla schiera, insigne sia per la statura che per le armi e battendo lo scudo con l’hasta, sfida uno dei romani ad incocciare le armi. M. Valerio, tribunus militum adolescente si fa avanti armato allora scese dal cielo un corvo che si appollaiò sulla galea contro il nemico.
Livio, Ab Urbe condita libri, VII
Questo fatto venne interpretato positivamente, e mentre Marco Valerio combatteva, il corvo si alzò dalla sua postazione soltanto per attaccare il Gallo, cercando di cavargli gli occhi. Solo quando l’avversario fu battuto, il corvo si allontanò in volo diretto a oriente.
Grazie a questa vittoria, Marco Valerio potè fregiarsi del nome Corvis e tornare a Roma coperto di gloria e onori.
Una storia molto probabilmente sporcata di leggenda, ma che riabilita almeno in parte la figura di questo volatile, che subì l’ira degli Dei tanto per i suoi difetti quanto per aver svolto i compiti da loro impostigli.