Ecco: spalancai l’imposta, e con un frullio di ali
Nella casa entrò un gran Corvo, come da un tempo remoto.
Senza chiedere il permesso, senza un attimo d’indugio
Ma con un fare sdegnoso, si posò sulla mia porta,
Sopra un busto di Minerva che sovrasta la mia porta
Si posò, e niente più.
Edgar Allan Poe, Il corvo
Animale diffuso in tutto il mondo, il corvo vanta un’ampia rappresentazione mitologica e appare in storie e leggende di tantissimi popoli di tutte le epoche. Sebbene le più note fra queste siano forse quelle norrene, gli antichi greci non fecero eccezione, né tantomeno la fecero i romani.
Animale messaggero e al tempo stesso emblema di lussuria, della vanità e della gola, il corvo era dai greci associato a diverse divinità. Le più note sono il Titano Crono (di cui ti ho già parlato qui), e gli Olimpi Atena e Apollo.
Continuando a leggere, scoprirai le storie e le leggende che associano questo animale alla Pallade Atena, ma non disperare: tratteremo Apollo in un altro articolo.
Quando Atena preferiva i corvi alle civette
Di certo non è stato un caso, se Edgar Allan Poe scelse di far posare il suo corvo proprio su un busto di Minerva, l’equivalente romano della Dea Atena. Il legame tra la Dea e questo volatile deriva da leggende ben precise.
Narra Ovidio che la Cornacchia, o Cornis, fosse in origine una principessa. Vivendo in prossimità del mare, la fanciulla si concedeva spesso passeggiate sulla spiaggia e fu durante una di queste che la sua indiscutibile bellezza fu notata da Poseidone.
Il Dio dei Mari, che quanto a bollori erotici non era affatto secondo al fratello Zeus, provò a corteggiarla con dolci parole, ma di fronte al rifiuto della giovane si fece insistente e provò a possederla con la forza.
Cornis tentò di scappare, ma che possibilità poteva avere una fanciulla, sola su una spiaggia, di sfuggire al Dio del mare?
Non le restava che gridare aiuto: nessun orecchio mortale la udì, ma fortunatamente lo fece quello della Pallade Atena.
Commossa dalla verginità della giovane, o forse pronta a cogliere l’occasione per un bel tiro mancino allo zio, la Dea decise di intervenire. Le braccia levate al cielo della giovane principessa si trasformarono così in ali, e la sua veste in un manto di piume.
La principessa, ormai tramutata in cornacchia, poté così librarsi in volo e fuggire dalle grinfie di Poseidone. Accolta da Atena, ne divenne serva e famiglio.
La vendetta di Poseidone
Fra Atena e Poseidone, come avrai intuito, non correva buon sangue: qualche tempo prima avevano avuto una disputa su chi avrebbe dovuto ergersi a protettore della città di Atene.
Tale disputa fu vinta dalla dea Atena ed è per questo motivo che oggi la città porta il suo nome – in caso contrario, l conosceremmo come Poseidoinia!
Lo zio Poseidone non aveva preso questa sconfitta sportivamente: per vendicarsi, convinse lo storpio Efesto di essere desiderato da Atena, e che questa, col pretesto di andare da lui per commissionargli una nuova armatura, avrebbe tentato di sedurlo.
Quando Atena si presentò davvero alle forge del Dio fabbro, l’ingenuo Efesto cascò nel tranello e tentò di possederla, ma fallì: il suo seme cadde sulla terra, dove venne fecondato da Gea e diede alla luce Erittonio. Deforme come lo era il padre, il bambino nacque con due serpenti al posto delle gambe.
Atena, che voleva renderlo immortale, prese in custodia il bambino e lo chiuse in una cesta, che poi affidò alle tre figlie di Cecrope, il re di Atene, con la raccomandazione di tenerla chiusa e non sbirciarvi dentro.
Questa vicenda, potrai prevederlo, è l’equivalente greco del dire a un bambino di non mangiare i biscotti prima di cena, ma affidandogliene un barattolo pieno.
L’umana curiosità delle tre fanciulle impedì loro di portare a termine il compito che Atena aveva affidato loro: esse sciolsero i lacci della cesta liberando così il mostruoso bambino.
La cornacchia, che le teneva d’occhio, corse a riferire tutto ad Atena. La dea si infuriò così tanto che non solo punì le tre fanciulle con la follia e la morte, ma non lesinò neanche di infuriarsi con la sua stessa messaggera, degradandola e preferendole da allora la notturna civetta.
Ambasciator non porta pena… a meno che non sia di Atena!
Secondo alcune versioni del mito, fu proprio da quel momento che, per volere di Atena, le piume dei corvi divennero nere, come nere erano le notizie che portavano. Per citare la famosissima serie Il trono di Spade, che ha strizzato più volte l’occhio alla mitologia: “Ali oscure, oscure parole“.
Per averle fatto il torto di essere latori di brutte notizie, i corvi vennero anche banditi dalla città di Atene ed ebbero divieto di posarsi sui suoi templi. Indubbiamente, il motto ‘Ambasciator non porta pena’ era sconosciuto agli Dei greci!
La leggenda trova un probabile riscontro nella realtà: è possibile che i sacerdoti del tempio di Atene avessero deciso di scacciare i corvi in quanto avrebbero preferito avervi i gufi.
Entrambi i volatili, infatti, nidificano ad alta quota e non riescono a coabitare pacificamente: i corvi attaccano i gufi per evitare che questi ultimi rubino le loro uova.
Il corvo, di cui la cornacchia è una specie, non è stato solo un animale prediletto di Atena.
Anche il Dio del Sole Apollo ne fece il proprio famiglio, ma ancora una volta, per il proprio ruolo di messaggero e per la propria ingordigia, questo nero pennuto avrebbe infine pagato un caro prezzo. Il legame fra il Dio degli oracoli e questo animale sarebbe poi perdurato fino agli antichi romani.
Vuoi sapere come? Potrai leggerlo nella seconda parte di questo articolo, disponibile fra due settimane esatte!