In questo articolo, ti racconterò la storia di Amaltea, la capra che diventò una stella, e ti porterò in giro per il mondo a scoprire come questa stella influenzò i miti e le leggende di tantissimi popoli.
Il macabro piano di Crono
Questa leggenda ha inizio in un tempo remoto, quasi quanto la creazione stessa dell’universo.
Il Titano Crono, figlio della Madre Terra Gea e di Urano, il Cielo, aveva scalzato quest’ultimo dal suo trono-montagna, diventando il nuovo signore dell’Universo.
Gli altri Titani lo rispettavano e l’uomo primitivo lo adorava, ma un cupo pensiero oscurava il suo dominio: la consapevolezza che, un giorno, uno dei suoi figli sarebbe diventato più forte di lui e avrebbe preso il suo posto.
Deciso a evitare a tutti i costi questo destino, egli convocò la Titana Rea, la sorella che aveva preso in moglie, ordinandole che ad ogni parto avrebbe dovuto consegnargli subito l’infante appena nato.
In questo modo, sotto gli occhi impotenti della moglie, Crono faceva dei suoi stessi figli un sol boccone. Il titano aveva infatti pensato che i propri figli sarebbero stati incapaci di detronizzarlo, se erano prigionieri nel suo stesso stomaco!
Cinque volte Rea partorì, e cinque volte il marito divorò il nascituro. Alla sesta gravidanza, Rea decise quindi di ribellarsi e di provare a proteggere il bambino dal padre.
Rea cerca di proteggere il figlio
Quando il bambino nacque, Rea rivestì una pietra di stoffe da neonato e la rifilò al marito, che come al solito la ingoiò tutta intera. Crono non si rese neanche conto della differenza fra un morbido neonato e la dura roccia, tanto per lui entrambi erano piccoli e insignificanti.
Il piccolo, che la madre aveva chiamato Zeus, fu nascosto in una grotta sull’isola di Creta, e in molti si adoperarono per tenerlo sano e al sicuro.
Nonna Gea e mamma Rea vi misero a protezione i Cureti, divinità minori e cortigiani di Rea. Questi, con le loro danze e il battere delle loro spade contro gli scudi, impedivano a Crono di udire i vagiti del bambino. A fargli da Balia erano due ninfe, Aix e Elice.
Amaltea, la capra-ninfa che allattò Zeus
C’era un altro problema da affrontare: per quanto divino, un neonato ha pur sempre bisogno di nutrimento per crescere forte e sano. Secondo una versione del mito, al suo fianco fu posta la capra Amaltea, che lo allattò.
La sopravvivenza di Zeus fu quindi garantita da questa magica capra che, secondo alcune versioni del mito, era essa stessa una ninfa.
Alla sua morte, Zeus le fu talmente riconoscente che decise di porla fra gli astri, assieme ai suoi due capretti. Con la sua pelle creò il proprio scudo, l’egida, mentre dalle sue corna ottenne la cornucopia (simbolo mitologico di cibo e abbondanza).
Capella, o Alfa Aurigae
La stella in cui Amaltea fu trasformata è nota oggi come Capella (dal latino “capretta”) o Alfa Aurigae, essendo la più luminosa della sua costellazione, l’Auriga. Ad occhio nudo è la sesta stella più luminosa di tutto il cielo notturno.
In realtà, la nostra stella-capretta non è affatto una sola stella, bensì un sistema di quattro stelle, ma ad occhio nudo esse ci sembrano tanto vicine da apparire come una sola, luminosissima stella.
Circa 200.000 anni fa, quando sulla terra faceva la sua comparsa l’uomo di Nehandertal, la stella di Amaltea è stata in assoluto la più luminosa del cielo notturno.
Da allora, Capella si sta gradualmente allontanando dal sistema solare e diventerà quindi sempre meno luminosa, ma niente paura: sebbene si allontani alla velocità di ben trenta chilometri al secondo, devono passare ancora migliaia e migliaia di anni prima che diventi abbastanza lontana da poterla “perdere di vista”!
Alfa Aurigae nelle mitologie di tutto il mondo
Proprio la luminosità di questa stella ha sempre calamitato su di essa la fantasia umana. Prima e dopo i greci, molti popoli in ogni angolo del mondo l’hanno associata a miti e leggende.
I greci probabilmente si erano ispirati ai Babilonesi, che raffiguravano la costellazione dell’Auriga come un cocchiere con una capra sulle spalle.
Oltre a loro, si ritrovano leggende legate a questa stella anche tra i miti Assiri, Indù, Cinesi, Slavi e ovviamente nelle leggende Egizie, dove la stella viene associata a Ptah, il dio demiurgo patrono di artigiani e architetti .
La stella era ampiamente considerata anche dai nativi americani, dagli Inuit in Groenlandia agli Inca delle Ande Peruviane. Non era indifferente neanche agli aborigeni australiani, da cui viene associata talvolta al canguro, talvolta a un pesce.
Reminescenze del legame fra Capella e la capra Amaltea arrivarono nel tardo medioevo fino ai popoli Arabi, e grazie alla loro influenza tornò a interessare in Europa gli astrologi medievali più o meno assetati di esoterismo.
Per il filosofo Agrippa, famoso alchimista e astrologo (ma anche, come spesso succedeva al tempo, medico e storico per diversi regnanti europei, fra cui l’imperatore Carlo V) la stella-capretta era una delle quindici stelle chiave della magia esoterica astrologica.
Fu lui ad attribuirle il suo simbolo cabalistico e il suo nome esoterico, Hircus, parola latina per designare, appunto, le capre.
Orientarsi grazie a Capella
Nel folklore Hawaiiano e Tahitiano, infine, Alfa Aurigae non era associata a una capra bensì a una canoa: i navigatori la utilizzavano come punto di riferimento per navigare.
Ed è qui curiosamente che il cerchio attorno al mondo e lungo il tempo si chiude, perchè anche nell’antica Grecia i navigatori alzavano spesso il naso al cielo in cerca di Capella.
Il loro, però, non era semplice bisogno di orientarsi: il sorgere della stella era considerato dai navigatori come premonitore di un tempo burrascoso.
Ma dove si trova, nei fatti, questa stella della capra? Se desideri trovarla, devi puntare lo sguardo il cielo tra la costellazione del Toro e quella dei Gemelli, e poi spostarlo un po’ più a nord, verso la Stella Polare. Puoi anche cercarla grazie a uno dei tanti planetari online, come questo.
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